Corriere della sera
Il saluto ironico ai dipendenti: non pensate di liberarvi di me. A Pioltello applausi, lucciconi e commozione

MILANO - « Penso di avere il diritto di prendermela con un po’ più di calma...ma non sperate di liberarvi così facilmente di me». A 88 anni, 62 dei quali dedicati al lavoro, Bernardo Caprotti lascia la guida della sua creatura, l’ Esselunga. Niente più poteri, deleghe, nè incarichi ma questo «non significa affatto che, a Dio piacendo, io non possa continuare», avverte il patron della catena italiana della grande distribuzione in una lettera di auguri inviata ai dirigenti della prima linea.
I dipendenti della sede di Limito di Pioltello, a pochi chilometri da Milano, raccolti nell’atrio, salutano Caprotti con un lungo applauso e qualche luccicone la sera del suo addio, l’antivigilia di Natale. Una festa a sorpresa, secondo una ricostruzione dell’Ansa . Caprotti è commosso ma ha la battuta pronta: «Quello in pensione sono io, voi tornate al lavoro!». Nel messaggio ai collaboratori, il fondatore dell’Esselunga sorvola sulla lite legale con i figli e rassicura sulle «voci preoccupate». La scelta di affidare la gestione ai manager non è in discussione, così come la continuità del gruppo che oggi conta 144 store, 20 mila dipendenti e quasi 7 miliardi di ricavi. «Qui c’è gente fortissima una organizzazione rigorosa e straordinariamente sciolta - scrive -. E la predisposizione di un futuro che mi lascia tranquillo». Del futuro, è la lezione di un grande vecchio, «mi sono preoccupato per sessantadue anni».
28 dicembre 2013
Caprotti , la verità del patron di Esselunga «La congiura e il ruolo di mia figlia»
La lettera del patron di Esselunga, 88 anni, che il 23 dicembre lascerà deleghe, poteri e compensi
Caro Direttore,
grazie,
siamo finalmente in prima pagina, sia Gerevini che io. Se posso, vorrei dire - a seguito di qualche malevolo commento - che tutto ciò che ho dato ha pagato le tasse. Poi, che altre donazioni possono aver luogo, senza passare per il notaio: Ricerca sul Cancro, Vidas, Bambini nefropatici, Shoah, San Raffaele, scusa mi fermo, sono stati i miei preferiti. Infine un chiarimento su tutta questa gazzarra. Qui dentro c’è stato un terribile schifo, una congiura. Un vecchio che qui aveva fatto troppa carriera doveva fare le scarpe all’amministratore delegato Carlo Salza, assieme a una centralinista, la consigliera-assistente di mia figlia Violetta e a un giornalista che ben conosci e che ha impestato tutte le redazioni dei giornali d’Italia, con quella roba che avete stampato. Carlo Salza, Germana Chiodi, io e altri dovevamo «essere fatti fuori». Ma noi siamo un gruppo di ferro.
In questo orrendo frangente, quella figlia purtroppo ha creduto di più in quel vecchio arnese che nel suo papà. Ed è così che non c’è stato modo: nello sbalordimento dei suoi e dei miei professionisti, neppure ha voluto considerare l’opportunità miliardaria di ricevere 84 immobili dal reddito ingente e sicuro e mettersi tranquilla. Qui sta la chiave di tutto. Mettere queste cose in piazza mi ripugna. Ma quando si arriva al punto di avere persino il numero del proprio conto corrente pubblicato su quello che è il «Times» del proprio Paese, forse conviene sputtanarsi fino in fondo.
Con amicizia e riconoscenza.
Bernardo Caprotti
P. S. Le montagne di cose e di soldi che hanno avuto i miei due figli maggiori, qui non lo mettiamo, anche per decenza.
26 novembre 2013
La generosità del signor Esselunga: Caprotti dona a parenti e amici 80 milioni
Corriere della sera
Bernardo Caprotti, 88 anni, ha firmato 40 atti notarili. In quelle carte si leggono anche le tensioni in famiglia
Bernardo Caprotti (Imagoeconomica)«Ecco, caro, questo assegno da 4 milioni è per te, è una donazione». Tutti vorrebbero uno zio così. O un papà che un giorno ti chiama e ti dice: «Dai, andiamo dal notaio che ti voglio regalare 8 milioni di euro». O un marito che a un certo punto ti fa trovare sul conto in banca 18 milioni in Cct. Se poi sei la segretaria e il «capo» ti dona 10 milioni di euro cash, allora benedici ogni singola mattina che è suonata la sveglia nei 40 anni di lavoro. È successo davvero. Bernardo Caprotti, 88 anni, mister Esselunga, in dieci anni a partire dal 2002 ha distribuito oltre 80 milioni, con atti di donazione regolarmente registrati dal notaio Giovanni Ripamonti e dall’Agenzia delle Entrate. Gli atti dicono, nella formula di rito, che i beneficiari accettano «la somma di euro ... con animo grato».
La famiglia Caprotti
e proprietà prelevati dal patrimonio personale dell’imprenditore che guida un’azienda con 6,8 miliardi di fatturato, 20 mila dipendenti e utili di 238 milioni (2012). E che, silenziosamente, si è adoperato anche per sostenere, con somme rilevanti, enti di assistenza o iniziative culturali. Ma restiamo in famiglia, o quasi: le disponibilità sono partite dal conto 34445 in Deutsche Bank e dal conto 51351 al Credit Suisse di Milano. Nel patrimonio regalato c’è anche un’azienda che alleva orate, branzini e ombrine.

È un lato sconosciuto di questo imprenditore dal carattere spigoloso, nemico giurato della burocrazia e delle Coop, dipendente della sua azienda, che in passato si è scontrato con i fratelli e di recente con i due figli più grandi, Violetta e Giuseppe, nati dal primo matrimonio. Con loro oggi non ha rapporti. La grande giostra delle donazioni, una quarantina di atti notarili, riflette in parte, se si guarda bene, le tensioni in famiglia. Giuseppe Caprotti, 52 anni, il primogenito chiamato dal padre a dirigere l’azienda e poi bruscamente esautorato nel 2004, ha ricevuto un solo «regalino», secondo l’archivio Ripamonti: 2,82 milioni undici anni fa, poi più nulla. Violetta, 51 anni, l’altra figlia di primo letto, è rimasta a lungo nelle grazie del padre, almeno fino a quando, poco più di due anni fa, è esploso il contenzioso giudiziario, tuttora in corso, sulla titolarità delle azioni Esselunga, intestate fiduciariamente ai figli molti anni fa e poi «riprese» dal padre nel 2011 estinguendo il mandato fiduciario. Legittimamente, secondo Bernardo, illegittimamente secondo Giuseppe e Violetta.
L’arbitrato per adesso ha dato ragione al padre, ma i figli sono in Corte d’appello (prossima udienza il 3 dicembre) e hanno anche avviato una causa civile. Violetta prima della rottura ha ricevuto assegni circolari per 7,5 milioni oltre al 100% della società svizzera, Caroz sa, proprietaria, nel cantone di Vaud, di una grande villa di famiglia e del terreno intorno. L’altro fronte è quello della seconda moglie, Giuliana Albera (73 anni), con la figlia Marina Sylvia (35). Se Marina (l’unica Caprotti, eccetto il padre, nei cda del gruppo) ha ricevuto, tutto cash, poco meno di 10 milioni, la moglie sei anni fa ha visto arrivare 18 milioni di Cct sul suo conto titoli in Deutsche Bank. Si andavano ad aggiungere ad altre svariate donazioni di liquidità per un totale intorno ai 30 milioni di euro.
Tra l’altro, benché coperta da un’intestazione fiduciaria alla Sirefid, fa capo alla signora Albera anche una società sconosciuta, la Dom 2000, centrale però nel «sistema» Esselunga. Infatti la Dom 2000 possiede, oltre alla casa di famiglia a due passi dalla Scala, una decina di grandi immobili locati a negozi Esselunga (tra cui via Washington e viale Jenner a Milano) che generano 15 milioni di ricavi.
I nipoti sono stati «sistemati» dallo zio ricco con un assegno circolare ciascuno da 4 milioni. Andrea un po’ di più comprendendo anche l’intero capitale di una holding, Sabbia Rosa, dentro la quale si trova una quota del 5% della società svizzera Geomag, famosa per i magnetini da costruzione per i bambini.
Ma il vero business è un altro: il controllo della Compagnie Ittiche Riunite di Golfo Aranci (Olbia), che alleva pesci, li vende nel nord Italia e fattura 6,6 milioni. Il capitolo manager si risolve in una donazione una tantum a tre di loro di 1 milione (oltre all’8% di tasse), cui va aggiunto (non c’è negli atti) il regalo di una Bentley ciascuno. Poi, però, c’è la signorina Germana Chiodi, ex segretaria personale di Bernardo Caprotti, diventata dirigente e oggi, a 65 anni, ormai in pensione ma con un contratto di consulenza. A lei in totale sono arrivati 10 milioni. Alcuni, dentro e fuori Esselunga, sostengono che la sua influenza e il suo potere nel gruppo sono cresciuti enormemente negli anni, fino a condizionare nomine e licenziamenti. «Non si muove foglia che Germana non voglia», si sente dire. D’altro canto chi è vicino al leader del gruppo riconosce l’intelligenza e le capacità dell’ex segretaria diventata di colpo plurimilionaria.
25 novembre 2013