Massimo Malpica - Gio, 24/10/2013 - 10:11
Tra le mura della procura di Roma trova spazio la satira a senso unico. Il giudice De Santis tiene sulla parete due vignette contro Berlusconi. La dimostrazione che il terzo potere sconfina nella battaglia politica
Si capisce subito che aria tira, nell'ufficio del pm romano Edoardo De Santis. Basta aprire una porta e entrare nell'anticamera. Lì c'è il suo credo.
Vignette anti Cav nell'ufficio del giudice De Santis (L'Ego)
Chi sono, come la penso, e soprattutto chi mi sta sulle balle. E non è certo, il suo, un manifesto dell'imparzialità. Chi ha detto mai che un giudice debba essere al di sopra delle parti? L'identikit è questo: due vignette anti Cav e una frase che è una dichiarazione di fede o di indipendenza sui generis. «Credo solo a me, e già mi fido poco».
Non sia mai che in una procura si creda nella legge. Sì, va bene, il principio dell'imparzialità della magistratura è già un concetto fragile di suo, in un Paese dove da anni i poteri dello Stato si affrontano più che rispettarsi, e dove le toghe sconfinano spesso e volentieri nella politica. Ma è comunque difficile non stupirsi almeno un po' quando tra le mura di una procura della Repubblica ci si imbatte in un'immagine che sbeffeggia apertamente un politico, che manco a dirlo è Silvio Berlusconi.
Le due vignette sono in realtà i tipici fotomontaggi da «social satira», quelli che di solito girano sui profili Facebook di chi è in vena di cazzeggio. Uno è la parodia di un celebre quadro giovanile di Picasso, «Scienza e carità». Berlusconi è a letto, morente, sotto una foto di Bettino Craxi. Accanto a lui c'è Niccolò Ghedini che gli tasta il polso, mentre dall'altra parte del letto la Boccassini gli porge una tazza tenendo in braccio Brunetta. Il secondo è una foto del Cav che stringe la mano ad Angelino Alfano sulla quale campeggia una scritta bianca: «Reo con fesso».
In sé, le due immagini non sono niente di trascendentale. La satira - che faccia ridere o meno - è sacra. Ma è sacra solo se resta fuori dai luoghi in cui si amministra la giustizia: che il «reo» Berlusconi (per non dire del «fesso» vicepremier Alfano) venga preso in giro negli stessi ambienti dove il leader politico viene indagato non è solo inappropriato, è assurdo. Tanto più che, come detto, le vignette non sono incollate a un distributore del caffè in corridoio né esposte sulla bacheca del bar della procura, ma appese al muro dentro l'ufficio di un magistrato inquirente. Un luogo che non dovrebbe essere deputato al cazzeggio né alla satira politica.
Come si può vedere nella foto qui sotto, le due fotocopie fanno bella mostra di sé sulla parete, sopra un mobiletto affollato di faldoni di atti giudiziari, attaccate con una puntina da disegno, visibili a chiunque passeggi per il corridoio della procura, appena dietro la porta dell'ufficio. Certo, non sappiamo se a metterle lì sia stato proprio il pm, ma di certo a De Santis non devono dispiacere, se la toga, entrando e uscendo dalla sua stanza, non ha trovato nulla da ridire sulle scelte di arredamento della piccola anticamera.
Quelle due fotocopie non rendono un buon servizio alla magistratura. L'idea che un testimone convocato dal pm De Santis venga accolto da quelle due foto «scherzose» è grottesca. La giustizia non è, non dovrebbe essere, una barzelletta. Ma le vignette da sfottò finiscono per diventare, appunto, due icone della parzialità delle toghe, molto eloquenti e in fondo molto poco scherzose per chi magari non le trova divertenti e si trova, suo malgrado, a osservarle mentre fa anticamera - appunto - in attesa di un faccia a faccia con l'inquilino togato della stanza.
Di certo, anche se De Santis non indaga sul Cav, è pm nel processo per il ricatto-trans a Piero Marrazzo. In aula, proprio l'ex governatore ha ricordato che a informarlo dell'esistenza del filmato fu Berlusconi, avvertito dal direttore di Chi, Signorini. Un dettaglio già spacciato in passato da alcuni giornali per ipotetica ricettazione. Ma tanto il pm non ha pregiudizi.
Le foto che sbeffeggiano il Cav spariscono dalla stanza del pm
Dopo la denuncia del Giornale, rimosse dall’ufficio del giudice De Santis le vignette contro Berlusconi. In procura bocche cucite, ma resta l’imbarazzo per la figuraccia
Massimo Malpica - Sab, 26/10/2013 - 08:23
Sparite immediatamente, tra silenzio e imbarazzi, a dimostrare che quello era in effetti l’ultimo posto dove avrebbero dovuto essere esposte. Le due vignette anti-Cav appese nell’ufficio del pm romano Edoardo De Santis, immortalate sul muro della stanza del magistrato, appena sopra i faldoni di atti giudiziari, e pubblicate da questo quotidiano giovedì mattina, sono state rimosse nel giro di poche ore.
Vignette anti Cav nell'ufficio del giudice De Santis (L'Ego)
Ma il «danno» ormai era fatto. E oltre al gesto, oltre alla «cassazione» delle vignette, non sono arrivate parole. Zero commenti, zero reazioni.
Ha preferito non dire nulla il pm titolare della stanza (e dell’accusa nel processo ai presunti ricattatori di Piero Marrazzo), De Santis, che sulla questione e sulle conseguenti polemiche avrebbe riferito subito, giovedì mattina, solo al procuratore capo, Giuseppe Pignatone, prima di provvedere a far tornare candida quella parete. E lo stesso Pignatone, dal canto suo, ha scelto la linea del silenzio assoluto. Nessuna iniziativa disciplinare, nessun provvedimento ufficiale, nulla è trapelato se non voci di un rimproveroverbale alla toga per la cattiva pubblicità alla categoria derivata dal caso.
Solo silenzio. Insieme al chiaro desiderio di rimuovere - insieme alle vignette- anche le polemiche sulla politicizzazione della magistratura, e al tentativo di minimizzare la questione, derubricandola a poco più di una leggerezza. Per il Corriere della Sera , che è tornato ieri sulla notizia del Giornale , secondo «ambienti della procura» le due fotocopie sarebbero infatti «apparse»sul muro dell’anticamera della stanza del pm solo pochi giorni fa, a inizio settimana, e ad attaccarle sarebbe stato un «collaboratore» del magistrato, che le avrebbe fotocopiate da un avvocato. L’ipotesi che la mano che ha affisso le vignette fosse quella di un assistente della toga era già stata avanzata dal Giornale , ma non cambia di molto la sostanza e la gravità della «scivolata», visto che il pm di certo non poteva non vedere - decidendo quantomeno di tollerare, se non di condividere - quel «benvenuto» per immagini che accoglieva chiunque entrasse nel suo ufficio, come una sorta di manifesto della parzialità.
Quanto al dato temporale, è difficile ricostruire con certezza da quanti giorni o mesi la parete dell’anticamera del pm fosse decorata dalle due fotografievignette. Di certo una delle immagini, il fotomontaggio del quadro di Picasso «scienza e carità », con Berlusconi malato a letto, circondato da Ghedini e dalla Boccassini che regge in braccio Brunetta, ha cominciato a girare sui social network un bel po’ di tempo fa:precisamente a marzo scorso, in occasione del rinvio di un’udienza del processo Ruby per l’uveite del Cav, rappresentato dunque come «malato immaginario». Non dunque satira di stretta attualità. L’altra immagine, quella con la scritta «reo con fesso» che campeggia su una foto di Berlusconi con Alfano, sembra avere una genesi più recente, probabilmente successiva alla condanna in Cassazione del leader del Pdl.
Comunque sia, la notizia di Berlusconi preso in giro tra le mura di una procura della Repubblica ha creato non pochi imbarazzi a Piazzale Clodio, e due indizi in questo senso sono proprio l’assenza di prese di posizioni ufficiali e la velocità nell’eliminare le «prove». I pregiudizi anti- Cav di alcuni magistrati non saranno scomparsi. Le vignette, almeno quelle, per il momento sì.